Deontologia
-
Visite: 7518
Nuovo codice deontologico del Consulente del Lavoro in vigore dal 01/01/2022 approvato con delibera n. 101 del 14/07/2021
Clicca qui il
testo in formato Pdf
- CAPO II - DOVERI GENERALI - CAPO III - RAPPORTI ESTERNI - CAPO IV - RAPPORTI INTERNI - CAPO V - ESERCIZIO PROFESSIONALE - CAPO VI - ESERCIZIO DI ATTIVITA' PROFESSIONALE PARTICOLARI - CAPO VII - POTESTA' DISCIPLINARE - CAPO VIII - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI |
CAPO I - PARTE GENERALE
Art. 1 (Il Consulente del Lavoro)
1. Il Consulente del Lavoro, in ogni sede, tutela la legalità e la dignità del lavoro,
tenuto conto del rilievo costituzionale e sociale dei contenuti a fondamento della professione.
2. Il Consulente del Lavoro rispetta e promuove i principi per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali.
3. Il Consulente del Lavoro favorisce ogni azione positiva finalizzata alla promozione del diritto al
lavoro secondo i principi della Costituzione.
4. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della
collettività, della clientela, della correttezza, della trasparenza dei comportamenti, della qualità ed
efficacia della prestazione professionale e per la realizzazione del ruolo di sussidiarietà della
professione di Consulente del Lavoro.
Art. 2 (Ambito di applicazione)
1. Il presente Codice reca le norme deontologiche circa l’esercizio della professione di Consulente
del Lavoro, così come definita all’articolo 1 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12 e successive
modificazioni ed integrazioni, nonché dall’articolo 2 del Decreto del Ministero del Lavoro e Politiche
Sociali 21 febbraio 2013, n. 46, al fine di garantire gli interessi generali ad esso connessi, di tutelare
l’affidamento della clientela, di assicurare il decoro e la dignità professionale e il rispetto della
legalità.
2. Il Codice si applica ai Consulenti del Lavoro e alle società tra professionisti iscritte all’Albo dei
Consulenti del Lavoro.
3. Gli iscritti al Registro dei praticanti, tenuto presso i Consigli Provinciali degli Ordini, sono tenuti
a conformare la propria condotta ai doveri di cui al presente Codice, per quanto compatibili.
Art. 3 (Definizioni)
1. Ai fini del presente Codice:
a) per “Consulente” si intendono i professionisti o le società tra professionisti iscritte all’Albo di cui
all’articolo 8 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12.
b) per “praticante” si intende colui che svolge il periodo obbligatorio di tirocinio necessario per
l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di Consulente del
Lavoro.
c) per “Ordine” si intendono i Consigli Provinciali ed il Consiglio Nazionale di cui al Titolo III della
Legge 11 gennaio1979, n. 12.
CAPO II - DOVERI GENERALI
Art. 4 (Dovere di dignità e decoro)
1. I soggetti indicati al precedente articolo 2 sono tenuti a svolgere con dovere di dignità e decoro
l’attività professionale svolta a titolo individuale, associato, societario, nonché nell’ambito del
rapporto di lavoro subordinato.
2. Il Consulente del Lavoro e gli altri soggetti indicati all’articolo 2 devono osservare, in ogni
contesto, i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della
immagine della professione.
Art. 5 (Dovere di lealtà e correttezza)
1. Il Consulente del Lavoro deve svolgere la sua attività con lealtà e correttezza nei confronti del
cliente e dei terzi a qualunque titolo coinvolti nella gestione del rapporto professionale.
2. Il Consulente del Lavoro deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle Istituzioni di categoria
un comportamento improntato a correttezza e lealtà.
Art. 6 (Dovere di fedeltà)
1. È dovere del Consulente del Lavoro svolgere con fedeltà nei confronti del cliente la propria attività
professionale.
2. Il Consulente è tenuto ad anteporre gli interessi del cliente a quelli propri, nel rispetto della legge
e del presente Codice.
Art. 7 (Dovere di indipendenza e diligenza)
1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 6, comma 2, il Consulente del Lavoro ha il dovere di conservare
la propria autonomia di giudizio, tecnica ed intellettuale e di difenderla da condizionamenti esterni di
qualunque natura.
2. Il Consulente del Lavoro deve svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando
la qualità della prestazione professionale.
3. Nell’esercizio a titolo individuale, associato e societario, il Consulente del Lavoro deve ordinare
la propria attività in modo che sia resa sotto la propria direzione e responsabilità personale.
Art. 8 (Dovere di riservatezza)
1. Il Consulente del Lavoro deve assicurare la riservatezza circa i dati e le notizie di cui venga a
conoscenza in occasione dell’instaurazione o dell’esecuzione del rapporto professionale connesso ad
adempimenti, consulenze ed altre attribuzioni o attività comunque denominate.
2. Il Consulente del Lavoro è tenuto a creare le condizioni ed a vigilare affinché la riservatezza sia
mantenuta anche da parte dei dipendenti, dei soci, dei praticanti e di tutti coloro che, a qualunque
titolo, operano nel suo studio e per conto dello stesso.
3. Restano fermi gli obblighi di segreto professionale e di tutela dei dati personali stabiliti dalla
normativa vigente.
Art. 9 (Dovere di competenza)
1. Il Consulente del Lavoro non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con la
necessaria competenza.
2. Il Consulente del Lavoro deve assicurare, per l’assolvimento degli incarichi accettati, un’adeguata
organizzazione.
3. Il Consulente del Lavoro deve curare costantemente la propria preparazione professionale,
conservando e accrescendo il sapere con particolare riferimento ai settori nei quali è svolta l’attività.
4. È fatto, inoltre, obbligo al Consulente del Lavoro di curare la propria preparazione in conformità a
quanto previsto dall’apposito Regolamento sulla Formazione Continua approvato dal Consiglio
Nazionale.
Art. 10 (Informazione sull’attività e tutela dell’affidamento)
1. L’informativa circa l’attività professionale e la forma giuridica di organizzazione adottata per lo
studio deve essere resa secondo correttezza e verità.
2. È consentita al Consulente del Lavoro, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione
sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali
specializzazioni, titoli scientifici e professionali posseduti.
3. In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione
professionale.
4. Nei rapporti con gli organi di informazione il Consulente del Lavoro deve ispirarsi a criteri di
equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
Art. 11 (Responsabilità patrimoniale)
1. Il Consulente del Lavoro è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente
dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia dei documenti e dei valori
ricevuti dal cliente stesso.
2. Il Consulente del Lavoro deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico,
gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.
3. Costituisce illecito disciplinare lo svolgimento dell’attività professionale in mancanza di idonea
copertura assicurativa.
CAPO III - RAPPORTI ESTERNI
Art. 12 (Rapporti con soggetti non abilitati)
1. È fatto divieto al Consulente del Lavoro di accettare incarichi congiuntamente con soggetti non
abilitati per l’esercizio di prestazioni riservate, ovvero di promuoverne o favorirne l’attività.
Art. 13 (Rapporti con i Colleghi)
1. Il Consulente del Lavoro, prima di intraprendere azioni giudiziarie nei confronti di colleghi per
fatti inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, deve interessare il Consiglio provinciale
dell’Ordine di appartenenza, al fine di ricercare in quella sede una soluzione che salvaguardi il decoro
e la dignità dell’Ordinamento Professionale.
2. Il Consulente del Lavoro non deve registrare una conversazione telefonica con un collega.
3. Il Consulente del Lavoro deve assicurarsi che il contenuto della corrispondenza riservata (anche
informatica) e dei colloqui riservati, intercorsi con i colleghi, non venga divulgato a terzi o riportato
in atti processuali.
4. Quanto previsto dai precedenti commi si applica anche nei rapporti con altri professionisti nel caso
di reciprocità delle previsioni dei rispettivi codici deontologici.
5. Il Consulente del Lavoro non può, con alcun mezzo di comunicazione, utilizzare espressioni
sconvenienti ed offensive verso i colleghi.
Art. 14 (Concorrenza sleale)
1. La concorrenza deve svolgersi secondo i principi dell’ordinamento giuridico, così come integrati
dalle norme del presente Codice.
2. Fatto salvo quanto stabilito all’articolo 36 del presente Codice i seguenti comportamenti possono
assumere rilevanza ai sensi del comma precedente:
a) la diffusione di notizie e apprezzamenti circa l’attività di un professionista idonei a determinarne
il discredito;
b) il compimento di atti preordinati, in via esclusiva, ad arrecare pregiudizio all’attività di altro
professionista;
c) l’uso di segni distintivi dello studio idonei a produrre confusione con altro professionista;
d) la distrazione da parte del Consulente del Lavoro chiamato a sostituire temporaneamente nella
gestione dello studio un collega sospeso o impossibilitato di clienti di quest’ultimo;
e) il vanto di rapporti di parentela o familiarità o di qualunque efficace influenza con coloro che
rivestono incarichi od operano nelle Istituzioni, al fine di trarre utilità di qualsiasi natura nella sua
attività professionale.
Art. 15 (Titolo professionale)
1. Il titolo di Consulente del Lavoro spetta ai soggetti iscritti nell'Albo di cui all'articolo 8 della Legge
11 gennaio 1979, n. 12.
2. L’esercizio dell’attività svolta dal Consulente del Lavoro in forma individuale, associata o
societaria deve avvenire con l’espressa indicazione del titolo professionale.
3. Costituisce comportamento rilevante ai sensi degli articoli 4, 5 e 10 l’uso di titoli professionali e
formativi non conseguiti.
Art. 16 (Sostituzione di collega per decesso, sospensione o temporaneo impedimento)
1. Il Consulente del Lavoro chiamato dall'Ordine ovvero dalla famiglia a sostituire un collega
deceduto per liquidare lo studio o gestirlo temporaneamente, dopo aver accettato l'incarico, deve agire
con particolare diligenza avendo riguardo agli interessi degli eredi, dei clienti e dei collaboratori del
collega.
2. Per gli incarichi conferiti al deceduto ma eseguiti, anche in parte, dal sostituto, può essere richiesto
parere all’Ordine sulle modalità e criteri di ripartizione del compenso.
3. Il primo comma si applica anche in caso di sospensione disciplinare o impedimento temporaneo di
un collega. In tali casi, il sostituto deve agire con particolare diligenza e gestire lo studio rispettandone
i connotati strutturali ed organizzativi, dando comunicazione circa i termini della sostituzione al
Consiglio Provinciale di appartenenza.
Art. 17 (Subentro al collega)
1. Fatto salvo il disposto dell’art. 28, nel caso di subentro ad un collega per revoca dell’incarico o
rinuncia, il nuovo Consulente del Lavoro deve rendere nota senza indugio la propria nomina al collega
sostituito, adoperandosi affinché siano soddisfatti i legittimi interessi del cliente, garantendo la
regolare gestione delle attività professionali.
Art. 18 (Rapporti con l’Ordine)
1. Il Consulente del Lavoro è tenuto a collaborare lealmente con l’Ordine per l’espletamento delle
funzioni istituzionali, anche con riferimento al fenomeno dell’abusivismo professionale.
2. Qualora il Consiglio Provinciale o il Consiglio Nazionale richiedano al Consulente del Lavoro
chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione a situazioni segnalate da terzi o acquisite dal
Consiglio Provinciale medesimo, la mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito
disciplinare.
Art. 19 (Cariche istituzionali)
1. Coloro che rivestono cariche elettive presso Istituzioni o Enti previsti dall’ordinamento di categoria
devono adempiere al loro ufficio con disponibilità, obiettività ed imparzialità.
2. I soggetti di cui al primo comma devono curare le modalità con cui svolgono il mandato al fine di
non conseguire, per effetto di esse, utilità di qualsiasi natura.
Art. 20 (Partecipazione a compagini societarie e collaborazioni con imprese che erogano
servizi nel settore di attività, di cui all’articolo 1, Legge 11 gennaio 1979, 12)
1. Il Consulente del Lavoro che rivesta la carica di Amministratore di società commerciali che abbiano
come oggetto sociale l’erogazione di servizi nel settore di attività di cui all’art. 1, commi 4 e 5, della
Legge 11 gennaio 1979, n. 12, è tenuto a svolgere le sue attribuzioni e/o funzioni nell’osservanza
delle disposizioni del presente Codice.
2. Ove la società di cui al comma precedente realizzi atti e/o comportamenti oggettivamente rilevanti
ai sensi delle disposizioni del presente Codice, il Consulente del Lavoro che la amministri è ritenuto
responsabile degli stessi a meno che si tratti di attribuzioni proprie o di funzioni in concreto attribuite
ad altro amministratore, ovvero che si tratti di fatti attribuibili a comportamenti dolosi di terzi o in
ogni caso attribuiti esclusivamente a terzi.
3. In ogni caso, il Consulente del Lavoro che amministri o assista le imprese e gli organismi di cui ai
commi 4 e 5 dell’articolo 1 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12, è responsabile se, essendo a
conoscenza di fatti rilevanti ai sensi del presente Codice, non agisca per impedirne il compimento o
eliminarne o attenuarne le conseguenze.
4. È altresì considerato responsabile il Consulente del Lavoro che sia socio di una società di cui al
primo comma che abbia autorizzato tali comportamenti ai sensi dell’art. 2364, comma 1, numero 5),
c.c. ovvero sia titolare di diritti particolari in materia ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c. ovvero
abbia concorso alla decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c.
5. Il Consulente del Lavoro che amministri o assista le imprese di cui all’art. 1, ai commi 4 e 5 della
Legge 11 gennaio 1979, n. 12, deve assicurarsi che le predette imprese ed organismi effettuino la
prescritta comunicazione di conferimento dell’incarico al Consiglio Provinciale dell'Ordine ed alla
Direzione Territoriale del Lavoro competenti.
6. Al Consulente del Lavoro che svolga la propria attività nell'ambito di STP si applicano anche le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo.
7. Il Consulente del Lavoro socio di STP, che a qualsiasi titolo concorra ad alterare le condizioni
previste dell'articolo 10 comma 4, lettera b), della Legge 12 novembre 2011, n. 183 ed a non
ripristinarle entro i sei mesi previsti dalla stessa norma, sarà considerato responsabile ai sensi del
presente Codice.
Art. 21 (Rapporti con i terzi)
1. Il Consulente del Lavoro deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non
compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi.
2. Il Consulente del Lavoro deve tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti del
personale della pubblica amministrazione e di tutte le persone con le quali venga in contatto
nell’esercizio della professione.
CAPO IV - RAPPORTI INTERNI
Art. 22 (Rapporti con Praticanti, collaboratori, dipendenti)
1. Il Consulente del Lavoro è tenuto a fornire al Praticante l’addestramento teorico e pratico
necessario allo svolgimento dell’attività professionale, ivi compreso l’insegnamento delle regole
deontologiche.
2. Il Consulente del Lavoro deve consentire al Praticante di partecipare a corsi specifici di formazione
propedeutici al superamento dell’esame di Stato.
3. Il Consulente del Lavoro deve improntare il rapporto con il Praticante alla massima chiarezza e
trasparenza, con particolare attenzione alle modalità di espletamento della pratica. È opportuno che
il rapporto venga definito per iscritto anche con la sottoscrizione del patto formativo.
4. Il Consulente del Lavoro deve attestare la veridicità della pratica libero da condizionamenti dovuti
ad amicizia o a favore.
5. Dopo i primi sei mesi di tirocinio, il Consulente ha l’obbligo di corrispondere al praticante un
rimborso spese forfettariamente concordato.
6. Il Consulente del Lavoro deve tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti dei
propri dipendenti e collaboratori, ed è tenuto ad assicurare loro idonee condizioni di lavoro.
7. Il Consulente del Lavoro promuove la crescita professionale dei propri collaboratori attraverso
adeguata e costante formazione.
8. Il Consulente del Lavoro si obbliga a corrispondere un equo compenso ai collaboratori, tenuto
conto dell’utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio.
Art. 23 (Responsabilità a seguito del praticantato)
1. Il praticante ha l’obbligo di rispettare sia quanto disciplinato dal Regolamento sul Tirocinio
obbligatorio approvato dal Consiglio Nazionale, sia le disposizioni del presente Codice, per quanto
compatibili.
CAPO V - ESERCIZIO PROFESSIONALE
Art. 24 (Incarico professionale)
1. L’incarico professionale è improntato a rispetto e fiducia reciproci tra il Cliente ed il Consulente
del lavoro, sia quest’ultimo soggetto individuale o collettivo.
2. Il Consulente del Lavoro non deve consigliare azioni inutilmente gravose e suggerire
comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti.
3. Il Consulente del Lavoro raggiunto da provvedimento di sospensione deve attivarsi prontamente
per farsi sostituire da altro professionista nell’esecuzione degli incarichi professionali in corso,
segnalando il nominativo del sostituto al Consiglio Provinciale.
4. Il Consulente del Lavoro deve rifiutarsi di accettare l’incarico o di prestare la propria attività
quando dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che la sua attività possa concorrere
alla realizzazione di un’operazione illecita.
5. In costanza del periodo di sospensione, il Consulente del Lavoro non può promuovere o accettare
incarichi professionali.
Art. 25 (Obbligo del segreto professionale)
1. Il Consulente del Lavoro è tenuto al segreto professionale su tutti i dati e le informazioni che gli
vengano fornite dal cliente o comunque apprese in ragione del mandato professionale.
2. L’obbligo del segreto permane anche quando l’incarico professionale si sia comunque concluso.
Art. 26 (Conflitto di interessi)
1. Il Consulente del Lavoro è tenuto ad astenersi dal prestare attività professionale quando sia
portatore di interessi, personali o di terzi, che possano determinare un conflitto con gli interessi del
cliente o condizionare il corretto svolgimento dell’incarico.
2. L’obbligo di astensione di cui al precedente comma, grava anche sulla società o sull’associazione
della quale fa parte come socio o amministratore.
3. Le funzioni di presidente di un collegio arbitrale non possono essere assunte dal Consulente del
Lavoro che ha rapporti professionali con altri componenti del collegio ovvero con le parti, salvo
espressa autorizzazione di tutti gli interessati.
Art. 27 (Accettazione dell’incarico)
1. Il Consulente del Lavoro promuove il conferimento dell’incarico professionale con le modalità
previste dalla Legge, specificando per iscritto l’oggetto, la natura, i compensi e gli estremi della
polizza professionale.
2. È opportuno che il Consulente del Lavoro, che abbia ricevuto incarico verbale, dia di tale incarico
conferma scritta al cliente anche in relazione ad ogni eventuale modifica dello stesso.
3. Il Consulente del Lavoro non deve accettare incarichi della stessa natura da un cliente già assistito
da un collega senza informare quest’ultimo; è altresì opportuno che il Consulente del Lavoro si accerti
che il cliente abbia provveduto a recedere dal precedente rapporto professionale, salvo il caso di
conferimento di incarico congiunto.
4. Il Consulente del Lavoro, a qualsiasi titolo sostituito, deve prestare al collega subentrante la
collaborazione a tale fine necessaria e adoperarsi affinché il subentro avvenga senza pregiudizio del
cliente.
5. Il Consulente del Lavoro deve astenersi dall’effettuare controlli o accertamenti in merito a
situazioni riferentisi a clienti di altro collega salvo che quest’ultimo sia stato preventivamente
preavvisato dal cliente di tali accertamenti.
6. Il Consulente del Lavoro, prima di assumere l’incarico, deve accertare l’identità della persona che
lo conferisce e del titolare effettivo del rapporto.
Art. 28 (Incarico congiunto)
1. Il Consulente del Lavoro, che riceve un incarico congiunto con un collega, deve stabilire con
quest’ultimo rapporti di fattiva collaborazione nel rispetto dei relativi compiti. In particolare, i
Consulenti del Lavoro incaricati:
a) devono tenersi reciprocamente informati circa le prestazioni eseguite e da svolgere; è opportuno
che si consultino per concordare la condotta al fine della effettiva condivisione della strategia;
b) devono, al fine di evitare ogni responsabilità, informare l’Ordine in merito alla eventuale condotta
professionalmente scorretta del collega ove ritenuta difforme dalle disposizioni del presente Codice;
c) devono preventivamente concordare con il cliente il compenso spettante ai singoli Consulenti del
Lavoro.
Art. 29 (Compensi)
1. Il Consulente del Lavoro determina con il cliente il compenso professionale ai sensi dell’articolo
2233 del c.c., tenuto conto di quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lettera b), della Legge 4 agosto
2006, n. 248, e dall’articolo 9, comma 1, della Legge 24 marzo 2012, n. 27, che hanno abrogato le
disposizioni, legislative e regolamentari, che prevedono con riferimento alle attività libero
professionali o intellettuali l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime, e fatto salvo quanto previsto
dalle leggi speciali.
2. È opportuno che i preventivi siano resi per iscritto.
Art. 30 (Esecuzione dell’incarico)
1. Il Consulente del Lavoro deve usare la diligenza e perizia richiesta dalle norme che regolano il
rapporto professionale nel luogo e nel tempo in cui esso è svolto.
2. Egli deve, tempestivamente, illustrare al cliente, con semplicità e chiarezza, gli elementi essenziali
dell’incarico affidatogli. In particolare, è tenuto a:
a) dare al cliente le informazioni necessarie ad assicurare la piena consapevolezza circa il tipo di
prestazione richiesta;
b) adoperarsi per la rettifica di errori, inesattezze od omissioni nelle proprie prestazioni, al cui onere
è tenuto se sono a lui imputabili.
Art. 31 (Cessazione dell’incarico)
1. Il Consulente del Lavoro non deve proseguire l’incarico qualora sopravvengano circostanze o
vincoli che possano influenzare la sua libertà di giudizio ovvero condizionarne la condotta.
2. Il Consulente del Lavoro non deve proseguire l’incarico se la condotta o le richieste del cliente ne
impediscono il corretto svolgimento.
3. Fatto salvo quanto previsto dalla legge o dall’accordo stipulato, al determinarsi di una causa di
cessazione dell’incarico il Consulente del Lavoro deve avvisare tempestivamente della stessa il
cliente ed interrompere il rapporto con un preavviso adeguato alle circostanze, mettendolo in ogni
caso in condizione di non subire pregiudizio.
4. Il Consulente del Lavoro, che non sia in grado di proseguire l’incarico con specifica competenza,
per sopravvenute modificazioni alla natura e difficoltà della prestazione, ha il dovere di informare il
cliente e chiedere di essere sostituito o affiancato da altro professionista abilitato o autorizzato.
5. Il Consulente del Lavoro è tenuto a rinunciare all’incarico prima di agire giudizialmente nei
confronti del proprio cliente.
Art. 32 (Trascuratezza nella gestione degli interessi del cliente)
1. Costituisce inadempimento disciplinare l’intenzionale trascuratezza degli interessi del cliente.
Art. 33 (Restituzione dei documenti)
1. Il Consulente del Lavoro è tenuto a restituire senza indugio al cliente i documenti relativi
all’incarico quando quest’ultimo ne faccia richiesta.
2. Copia dei documenti può essere trattenuta, anche senza il consenso scritto del cliente, solo quando
ciò sia necessario ai fini della liquidazione del compenso, e non oltre l’avvenuto saldo, ovvero quando
sia necessario alla tutela della propria posizione.
Art. 34 (Richieste di pagamento)
1. In costanza del rapporto professionale il Consulente del Lavoro può chiedere la corresponsione dei
compensi concordati ovvero di acconti parametrati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili in
rapporto alla quantità e complessità dell’incarico.
2. Il Consulente del Lavoro cura la rendicontazione delle spese sostenute e degli acconti ricevuti ed
è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle spese sostenute e degli acconti
ricevuti.
3. In caso di mancato pagamento, il Consulente del Lavoro non può chiedere un compenso maggiore
di quello già indicato salvo che non ne abbia fatto espressa riserva.
Art. 35 (Pubblicità informativa)
1. È ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività, le
specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i
compensi richiesti per le prestazioni.
2. La pubblicità informativa di cui al comma 1, anche quando diffusa tramite organi di comunicazione
di massa o social network, deve essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare
l'obbligo del segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria.
3. La pubblicità informativa è svolta secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui
rispetto è verificato dall'Ordine.
4. L’informazione deve essere completa e indicare il titolo professionale e la denominazione dello
studio di consulenza.
5. Il Consulente del Lavoro non deve pubblicizzare la propria attività professionale associando anche
indirettamente la propria immagine a società commerciali o altri enti terzi, al fine di eludere le
disposizioni di cui ai precedenti commi.
6. I principi del presente articolo trovano applicazione anche nelle ipotesi di cui all’art. 20 del presente
Codice.
Art. 36 (Svolgimento della professione nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato)
1. Il Consulente del Lavoro che eserciti la professione nell’ambito di un rapporto di lavoro
subordinato, se richiesto di realizzare una condotta non conforme alle disposizioni del presente
Codice, deve comunicare preventivamente e per iscritto il proprio dissenso al soggetto da cui dipende
gerarchicamente.
2. Fatto salvo quanto previsto al primo comma, costituisce aggravante la condotta del Consulente del
Lavoro che ha preteso dai colleghi, che da lui dipendono gerarchicamente, condotte non conformi
alle disposizioni del presente Codice.
CAPO VI - ESERCIZIO DI ATTIVITA’ PROFESSIONALI PARTICOLARI
Art. 37 (Componente Commissioni di Certificazione dei contratti, conciliazione ed arbitrato)
1. Il Consulente del Lavoro nominato a far parte della Commissione di Certificazione dei
Contratti, Conciliazione ed Arbitrato del Consiglio Provinciale dell’Ordine, di cui all’art. 76 del
D.Lgs. 276/2003 e successive modifiche ed integrazioni, deve assolvere all’obbligo di formazione
specifica, di rilevanza pubblicistica, prevista dal relativo Regolamento.
2. Il Consulente del Lavoro deve garantire, oltre ad un elevato grado di professionalità ed
imparzialità, un comportamento improntato alla massima correttezza e rispetto degli attori e degli
eventuali altri professionisti che intervengano.
3. Dall’esercizio della funzione di Commissario il Consulente non deve trarre alcun vantaggio
personale.
4. Il Consulente del Lavoro nominato a far parte della Commissione di Certificazione dei
Contratti, Conciliazione ed Arbitrato del Consiglio Provinciale dell’Ordine, ai sensi del comma 1, ha
l’obbligo di astensione allorquando oggetto dell’attività della Commissione sia una domanda
proposta da un’azienda o da un datore di lavoro con la quale o con il quale abbia in essere rapporti
professionali.
Art. 38 (Consulente del Lavoro Asseveratore (Asse.Co))
1. Nello svolgimento dell’attività di Asseveratore in materia contributiva, retributiva e di rispetto
complessivo delle normative vigenti in materia di rapporti di lavoro, il Consulente del Lavoro, che
abbia ottenuto l’accreditamento dal Consiglio Nazionale dell’Ordine, rilascia Dichiarazione di
responsabilità ai sensi del D.P.R. 445/2000, sulla base delle evidenze documentali fornite dal Datore
di Lavoro.
2. In caso di mendacità o violazione dei contenuti del Regolamento Asse.Co. e delle disposizioni
del CNO e del Comitato di Asseverazione, il Consulente del Lavoro incorre in procedimento
disciplinare.
3. Il Consulente del Lavoro assicura correttezza e competenza nello svolgimento dell’attività di
Asseveratore a tutela dell’intera Categoria e del Consiglio Nazionale dell’Ordine.
Art. 39 (Attività di incaricato dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo
nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza)
1. Il Consulente del Lavoro svolge le funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al
codice della crisi e dell’insolvenza con indipendenza ed assicurando la diligenza richiesta dalla natura
dell’incarico.
2. Il Consulente del lavoro assicura la specifica preparazione richiesta dalla funzione, assolvendo
ai doveri di aggiornamento disposti dalle norme di settore.
Art. 40 (Attività di assistenza dinnanzi alle commissioni di certificazione e conciliazione)
1. Il Consulente del Lavoro, nello svolgimento dell’attività di assistenza ai lavoratori, nelle sedi di
cui all’articolo 2113, quarto comma, c.c. o davanti alle Commissioni di Certificazione, osserva i
principi di seguito indicati:
a) L’incarico è conferito dalla parte assistita; l’incarico deve essere accettato solo con il consenso
di quest’ultima e va svolto nel suo interesse esclusivo;
b) il Consulente del Lavoro, prima di assumere l’incarico, deve accertare l’identità della parte
assistita;
c) il Consulente del Lavoro non deve consigliare azioni inutilmente gravose;
d) il Consulente del Lavoro è libero di accettare l’incarico, ma deve rifiutare di prestare la propria
attività quando, dalla conoscenza degli elementi, possa desumere che essa sia finalizzata alla
realizzazione di una operazione illecita;
e) il Consulente del Lavoro non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o
fraudolenti;
f) il Consulente del Lavoro deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa
determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita o interferire con lo svolgimento di
altro incarico.
Art. 41 (Attività processuale tributaria)
1. L’attività giudiziale tributaria del Consulente del Lavoro deve essere improntata ai seguenti
principi:
a) nell’ambito dell’attività di difesa, il Consulente del Lavoro deve e può esporre le ragioni del
proprio assistito, utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone;
b) il Consulente del Lavoro non deve introdurre nel procedimento prove, elementi di prova o
documenti che sappia essere falsi;
c) il Consulente del Lavoro non deve utilizzare nel procedimento elementi di prova o documenti
prodotti o provenienti dalla parte assistita che sappia o apprenda essere falsi;
d) il dovere di difesa incontra un limite nella civile convivenza, nel diritto della controparte o del
giudice a non vedersi offesi o ingiuriati;
e) è doveroso mantenere con il giudice un rapporto improntato a dignità e decoro sia con riferimento
alla persona del giudicante sia con riferimento al suo operato ed alla funzione esercitata.
Art. 42 (Attività di Mediazione civile e commerciale)
1. Il Consulente del Lavoro nello svolgimento delle attività di mediazione è obbligato a rispettare
il Codice Etico dell’Organismo di Conciliazione presso cui opera, oltre alle seguenti ulteriori norme
di condotta:
- il Consulente del Lavoro che svolga la funzione di mediatore deve rispettare gli obblighi dettati
dalla normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in
cui queste ultime previsioni non contrastino con quelle del presente Codice;
- il Consulente del Lavoro non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata
competenza.
Art. 43 (Attività di delegato della Fondazione Consulenti per il lavoro)
1. Il Consulente del Lavoro nell’esercizio delle funzioni di “delegato” della Fondazione Consulenti
per il Lavoro è tenuto all’integrale rispetto del Regolamento di funzionamento della Fondazione
stessa e del presente Codice.
CAPO VII - POTESTA’ DISCIPLINARE
Art. 44 (Potestà disciplinare)
1. L’inosservanza delle disposizioni previste nel presente codice costituisce violazione che determina
l’avvio del procedimento disciplinare e la punibilità della condotta con le sanzioni previste dalla
legge.
2 Fatto salvo quanto previsto dalla legge, spetta al Consiglio di disciplina territoriale la potestà di
decidere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche, nel rispetto
di quanto previsto all’articolo successivo.
3. Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione
delle condotte nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a
determinare l’infrazione.
4. Fermo restando il disposto dell’art. 32 della legge 12/1979, l’azione giudiziaria non sospende o
impedisce l’instaurazione del procedimento disciplinare ove la condotta addebitata costituisca
autonoma violazione delle disposizioni del presente Codice.